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La direttrice generale di Tectona ha una filosofia chiara : artigianalità, stile e attenzione alle risorse naturali per produrre mobili che sfidino il tempo

 

“A noi piace lasciare parlare il progetto, permettere alla natura di esprimersi in tutta la sua bellezza senza strafare” così Blanche Aloisi – de Crépy racconta la filosofia di Tectona Paris, brand da sempre dedicato alla creazione di mobili outdoor che ha festeggiato da poco i 45 anni e di cui è direttrice generale dal 2011. Per spiegare la costante ricerca di semplicità del marchio Aloisi – de Crépy prende in prestito le parole di Martin Szekely, che per Tectona firma il progetto presentato quest’anno al Salone del Mobile : «Ne plus dessiner » (non disegnare più, ndr), titolo della personale dedicata al designer dal Centre Pompidou nel 2011.

Un approccio in controtendenza rispetto ai tanti brand che oggi progettano l’outdoor come proseguimento degli arredi indoor.

Noi siamo nati come azienda outdoor, siamo da sempre radicati nel mondo del giardino. Non a caso per la copertina del nostro nuovo catalogo abbiamo scelto un albero, una monumentale quercia da sughero. La tendenza di portare i mobili da interno all’esterno non ci tocca. Lo dimostra il fatto che siamo tra i pochi a proporre sempre un oggetto semplice come la panca, che per noi è l’essenza del mobile da giardino. Ora, invece, vediamo sempre più mobili enormi, con grandi cuscini, veri e propri salotti da esterno.

Tectona deriva il suo nome dal teck, simbolo di durevolezza. Come affronta Tectona la sfida sul tempo che passa?

Il passare del tempo per noi è essenziale e ha diverse dimensioni. Non solo il tempo delle stagioni che cambiano, ma anche quello che trascorre tra una generazione e l’altra e quello che si passa insieme condividendo. I nostri mobili si collocano nel tempo che scorre, sono fatti per durare, non sono un oggetto da guardare  e da buttare, ma qualcosa da tenere nel tempo per creare emozioni.

A partire dal 1992, con la collaborazione con Andrée Putman avete aperto al design, un percorso che continua a tutt’oggi. Come scegliete i vostri designer e quali sono stati gli incontri più importanti per il brand?

Il Presidente di Tectona,  Arnaud Brunel, ha un’idea e uno sguardo preciso su quello che ama ed è veramente lui a influenzare l’estetica del brand. Tectona è un marchio molto essenziale e sobrio, elegante e questa sobrietà è quello che si cerca anche nel design dei nostri mobili, sia che siano dei mobili classici o contemporanei. Per noi è importante avere questa continuità nello stile e nell’eleganza, che corrisponde a quello che siamo. Gli incontri con i designer nascono spesso dal caso. A volte partiamo da un oggetto che ci è piaciuto e siamo noi a contattare il designer. È stato così che Arnaud Brunel ha coinvolto Ronan ed Erwan Bouroullec all’inizio degli anni 2000, quando non erano ancora molto conosciuti; Wieki Somers l’abbiamo cercata dopo aver visto un suo vaso molto femminile in una galleria durante la Design Week milanese, ci è piaciuta la leggerezza delle forme così in sintonia con la natura. Abbiamo anche indetto un concorso per i nostri quarant’anni, chiedendo a 12 designer di 12 Paesi diversi di fare un progetto ed è così che abbiamo iniziato a lavorare con Thinkk studio, i due giovani thailandesi scelti dalla giuria. Accanto ai designer c’è poi il nostro capo di atelier che disegna internamente i mobili.

Il rapporto tra Tectona e l’arte si è consolidato negli anni. In particolare sono molte le collaborazioni con musei e istituzioni prestigiose, dal Musée Picasso di Parigi, dove è stata sviluppata la panca di un concorso organizzato dall’Ecal, a Plateforme 10, il centro culturale di Losanna che comprende tre musei cantonali e due fondazioni, dove c’è la panca disegnata da Pierre Charpin. Come sono nate queste collaborazioni e quali sono i progetti che avete in cantiere per il futuro?

Sono tutti progetti interessanti, perché vedono Tectona non solo coinvolta nella creazione del semplice oggetto, ma parte di un progetto culturale. Lo racconta bene la scenografia pensata per la boutique Tectona di Milano al Fuorisalone da Laurance Fontaine, dove chi si siede su un oggetto vede di fronte a sé lo stesso pezzo ritratto come opera d’arte. È un dialogo, quello tra design e arte, tra due mondi diversi a cui teniamo molto. Noi creiamo prodotti per ambienti diversi. Le sedute progettate per Versailles, per il Musée Picasso o per Plateforme 10 sono nate per questi luoghi, ma sono anche acquistabili dai nostri clienti privati. Con Versailles la collaborazione si è sviluppata nel tempo, grazie a Catherine Pégard, presidente del Castello, che ci ha dato accesso alle collezioni della reggia per trovare ispirazione per la panca Grande Écurie. Per il Musée Picasso il percorso è stato diverso. Il museo aveva chiesto all’Écal (l’École cantonale d’art de Lausanne, ndr) di indire un concorso tra i suoi studenti. Lo ha vinto Isabelle Baudraz, una giovane designer con cui poi abbiamo sviluppato la panca modulare Muse. Per quel che riguarda i progetti futuri, stiamo avviando una collaborazione per Villa Medici con il Mobilier National, ente pubblico francese sostenitore delle arti e dei mestieri fin dal XVII secolo, protagonista anche della creazione contemporanea e della promozione delle arti decorative francesi. Inoltre continua la nostra collaborazione con la Villa Noailles, la residenza per artisti che dal 2006 organizza un concorso aperto a dieci giovani designer. Quest’anno abbiamo chiesto di lavorare anche su un progetto di sedia per l’outdoor per Tectona.

 

Ultimamente, oltre al teck, e a nuovi materiali come l’alluminio della collezione 1800 e la resina intrecciata, state inserendo nuove essenze. Quanto conta in questa scelta l’attenzione alla sostenibilità?

La sostenibilità per noi essenziale. Abbiamo parlato all’inizio della nostra conversazione anche di durevolezza e della relazione con il tempo. Noi creiamo delle sedute perché siano durevoli, questa è la cosa essenziale, e per quello poniamo la massima attenzione alla scelta dei materiali, utilizziamo solo legno FSC certificato, abbiamo il savoire faire per lavorarlo e ci impegniamo ad assemblarlo bene perché i nostri oggetti durino. Non solo, nel nostro atelier in Normandia mandiamo i mobili che dopo anni di utilizzo mobili hanno necessità di essere riparati.

 

La novità che presentate durante la Design Week milanese è appunto realizzata in una delle nuove essenze, il larice. Ci racconta come è nata Soleil?

Questa creazione, una poltrona bassa con poggiapiedi e tavolino, è quasi una scultura. L’ha disegnata per noi Martin Szekely, una star francese del design dagli anni 80, un progettista essenziale, direi quasi zen. Lo abbiamo incontrato nel momento giusto. Stava creando il suo giardino personale e ragionando sull’idea dell’ombra e della luce, del pieno e del vuoto, così è nata Soleil, alternando il legno al vuoto.

 

A proposito di giardini, c’è n’è uno in cui lei amerebbe vedere i mobili Tectona, magari un posto del cuore?
Siamo già in molti bei giardini, da Versailles in poi, ma mi piace vedere i nostro oggetti nei giardini privati, di regalare un sogno accessibile a tutti, una seduta dove poter ammirare la bellezza della natura, a cominciare dal mio giardino.

 

Tra i pezzi in catalogo c’è anche una libreria per interni, un progetto particolare progettato da Alexis de la Falaise.
Alexis de la Falaise era il fratello di Loulou de la Falaise, la musa di Yves Saint Laurent. Alexis ha creato questo obelisco che è anche molto pratico, perché si gira su se stesso e può essere facilmente spostato perché è montato su ruote. Per Yves Saint Laurent Alexis de la Falaise aveva creato due piramidi abbastanza simili, delle librerie haute couture per il famoso appartamento di rue Babylone dello stilista.

 

Ci sono paesaggisti che ama in particolare?

Noi amiamo molto lavorare con Louis Benech, un paesaggista e giardiniere francese che fa progetti molto naturali. Questa tendenza a creare giardini più liberi, all’inglese, è molto interessante. Uno dei miei preferiti è il Jardin Plume creato da Sylvie e Patrick Quibel in Normandia. Anche Gil Clément è una nostra passione, adesso stiamo collaborando con il Centre Pompidou di Metz di cui Clément sta curando il rifacimento del giardino..

Con Spagna e Svizzera l’Italia è l’unico paese, oltre alla Francia, in cui siete presenti con una boutique. Qual è il rapporto col nostro Paese? C’è un designer italiano con cui avreste voglia di lavorare?
Noi vendiamo direttamente nei nostri showroom e online. L’Italia è il paese del design, ma ha anche bellissimi giardini anche se non c’è una tradizione forte come quella inglese. Certo ci piacerebbe lavorare con un designer italiano perché non ce ne sono nel nostro catalogo. Ovviamente ci sono tantissimi nomi affermati tra cui scegliere, ma ci piacerebbe collaborare con dei giovani, talenti che stanno appena emergendo.