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Il San Pietro di Positano è una vera e propria icona di stile e ospitalità luxury, un luogo unico per eleganza dell’ambiente, atmosfera e professionalità. La sua terrazza sul mare è uno dei luoghi piu ambiti dal turismo d’élite italiano e internazionale, teatro di incontri illustri e di convivialità raffinata. Fin dal 1970, anno di apertura dell’hotel, la famiglia Cinque si dedica con passione, lungimiranza e visione a questo luogo magico, ubicato in straordinaria posizione, meta di soggiorni vip all’insegna di relax e piacere assoluto, dove al primo posto c’è la soddisfazione dell’ospite più esigente. Sul fronte dell’offerta gastronomica, il San Pietro propone un ampio ventaglio di possibilità, per ogni occasione di consumo e per ogni desiderio del cliente: il ristorante Carlino, dedicato al fondatore, direttamente in spiaggia, si concentra su una cucina tradizionale, con il migliore repertorio di piatti locali; il Bits & Bites, a sua volta, consente spuntini leggeri e gustosi, offerti sulla terrazza panoramica; i due bar, la Terrazza e in particolare il nuovissimo Alcova propongono drink all’insegna di una Cocktail list ricca e originale, guidati da bartender e mixologist di alto profilo.

Ma è al ristorante stellato Zass che si esprime ai massimi livelli una proposta culinaria d’eccezione, esempio di fine dining di estrema ricercatezza. Affidata allo chef di origine belga Alois Vanlangenaeker, classe 1966, fiammingo di adozione campana, la cucina dello Zass definisce con rigore in cosa consiste il rispetto per la materia prima del territorio, basata sulla selezione qualitativa degli ingredienti che – come dice Alois – “devono essere sempre ai massimi livelli, senza scorciatoie, con un’attenzione precisa per i dettagli, sia nella scelta delle materie prime – spesso di piccoli produttori locali – che nella loro preparazione”. Ciò che caratterizza la cucina di questo autentico paradiso del gusto è la delicatezza dei piatti, eleganti e freschi, spesso a base di pesce, realizzati con passione e tecniche rigorose, capaci e attente, frutto di sapienza ed esperienza oltre che, in questo caso specifico, di creatività innata. In carta, li vediamo spesso abbinati a trionfi di verdure di stagione, con proposte in cui l’estetica del piatto risulta essere una componente non marginale (lo chef, tra l’altro, è un grande appassionato di immagine nonché esperto di fotografia).

I piatti che rappresentano in maniera particolare la filosofia gastronomica di Alois, rispettoso delle variegate tradizioni culinarie del territorio, viaggiano nei ricordi dello chef quando, ventiquattro anni fa, arrivò in Italia: uno fra tutti (che viene proposto sempre), è un’insalata tiepida realizzata con otto diversi tipi di verdure, tagliate a rondelle a formare una composizione circolare con, al centro, croccanti chips di parmigiano. “Un piatto ormai iconico, quasi un must, un piatto-bandiera”, sottolinea lo chef. Bello e buono, aggiungiamo noi. Dal nuovo menù estivo, invece, due piatti che esprimono, con intelligente semplicità, l’estate e le sue intensità: la zuppa fredda di pomodoro con melone giallo, cetrioli e fragoline di bosco: “un piatto fresco e profumato, che ricorda un gazpacho, dice Alois, che sa trasmettere gusti e sapori di questo territorio unico”.

Oppure, il polpo croccante accompagnato da una bruschetta di anguria, capperi e mandorle: un piatto elegantemente semplice, la cui armonia gustativa regala freschezza non disgiunta da golosità. La cura dei vini è affidata al sommelier Salvatore Marrone, un concentrato di conoscenze da fare invidia a tanti esperti, che guida l’ospite in un percorso tra offerta di etichette di territorio e grandi bottiglie di caratura internazionale.

Come è nata la passione per la fotografia e dove ha imparato?
La passione per la fotografia è nata un po’ per spirito di sopravvivenza, in conseguenza al fatto che ho una pessima memoria. Ho bisogno di appuntarmi tutto, soprattutto per le ricette. È per questo motivo che, ad un certo punto, ho iniziato a documentare con le foto i miei piatti, fino a quando non mi sono detto: perché non farle meglio queste foto? Magari un giorno mi servirà. Così ho comprato una macchina fotografica migliore, poi un’altra e un’altra ancora, e nel tempo quello che era nato come un semplice modus operandi si è trasformato in una passione pazzesca, quasi una droga. Ho iniziato una quindicina d’anni fa, adesso nei miei viaggi cerco sempre di catturare immagini, di “vedere” qualcosa che spesso non viene visto da nessuno. Ovviamente adoro in particolare ritrarre il cibo, i miei piatti, perché spesso altri fotografi, anche bravi, non riescono a mostrare quello che io voglio far vedere, quello che voglio comunicare. Come cuoco so cosa deve uscire fuori in una foto: cerco una certa luce, una certa inquadratura, provo a far venir fuori l’anima di un ingrediente. È una passione che alimenta anche la mia creatività. La mia curiosità poi mi porta a fotografare in un modo che è solo mio, con il mio occhio. Certo, mi manca un po’ di tecnica, ma ho il mio modo. Lo faccio alla buona, ma con grande passione. La cosa che più mi affascina è che in un piccolo rettangolo, quello della foto, puoi racchiudere un mondo e raccontare storie infinite.

Molti stellati sono in crisi: come sarà il futuro della cucina? Sta cambiando l’attenzione su un genere di cucina?

Abbiamo perso la consapevolezza dei sapori. Tutto è globalizzato. Abbiamo le fragole in inverno e gli asparagi tutto l’anno, perché vengono magari dal Perù. Non dico che siano prodotti cattivi, ma non hanno più il sapore vero di una volta. Vogliamo sempre tutto in tutte le stagioni. Il pesce, ad esempio: magari un cliente mi dice di volere un branzino da un chilo, ma io in quel momento non ce l’ho, perché il pescato cambia sempre. Da noi si mangia solo quello che è arrivato dal mare e questo significa garanzia di freschezza. Il cliente, invece, è abituato alle cose standard, in pescheria vede tutto il pesce uguale, ma se è tutto uguale c’è qualcosa che non va. Lo vedo in alcune pescherie che vendono il pesce del Vietnam come pescato locale. È una lotta continua perché c’è tanta ignoranza. Anche la questione della verdura biologica è una farsa: per decenni hanno messo il veleno nel terreno, poi da un giorno all’altro è diventato biologico. È una presa in giro un business, e noi siamo contenti perché paghiamo di più e abbiamo l’illusione di mangiare meglio. Per questo, per uno chef, è importante conoscere i prodotti e la loro stagionalità. È necessario tenere sempre a mente che un bravo chef lavora per il suo cliente, sempre. La tecnica ci deve essere ma deve rimanere in cucina perché la prima cosa è sempre il cliente, il quale non deve mai domandarsi “come lo mangio questo piatto?”, ma solamente mangiare e godere. Deve percepire che c’è una grande professionalità dietro, se poi piaccia o meno è un altro discorso. Ora con lo star system della cucina, sembra sia lo chef ad essere la cosa più importante e che il cliente debba andargli dietro, ma non è così perché è il cliente a pagare in un ristorante e il cliente deve solo degustare ed essere felice. Non gli si può imporre un modo di mangiare ma metterlo a proprio agio. Tutti parlano di filosofia della cucina, per creare un’aura mistica intorno ai loro piatti. Sono tutti artisti. Ma siamo seri! In cucina devi essere uno chef non un artista. Molti si definiscono chef, io, invece, sono un cuoco. Quella di oggi è solo una moda, ma finirà. Tornerà, spero, un po’ di buon senso.

A chi deve dire grazie?

Innanzitutto a mia madre, è grazie a lei che sono diventato un uomo. Lei è stata la mia forza, il mio coraggio, la mia spalla nei momenti peggiori. Le sue lettere, puntuali, inviate via fax tutte le settimane, sono state la benzina emotiva che mi ha fatto correre quando c’era da correre e un fazzoletto amoroso quando c’era da asciugare le lacrime. Devo poi ringraziare la signora Virginia, quella che io chiamo la mia seconda mamma. Anche se è la proprietaria del San Pietro – e quindi la mia datrice di lavoro – ho creato con lei un bellissimo rapporto basato su piccole cose quotidiane: libri, chiacchiere, pasti arrangiati quando l’albergo è chiuso. Non è una donna che mette in piazza la sua emotività. Al contrario, è discreta e gentile, ma sempre attenta e con una forza da leone. I suoi sorrisi e la sua amicizia mi hanno fatto trovare una casa lontano da casa. Un grande grazie va anche a Vito. Lui è stato il primo a credere in me, che mi ha riportato in questa terra splendida dove avevo giurato di non mettere più piede. È lui che ha lottato per permettere alla mia cucina di diventare la cucina del San Pietro. Insieme abbiamo condiviso sogni e fatica, maldicenze e complimenti. Vito è un uomo intelligente, ha le idee chiare e non si stanca mai di pretendere solo il meglio per il suo San Pietro. Condividiamo la stessa passione per le cose fatte bene, per l’eccellenza. I ringraziamenti più grandi, però, vanno a Fanny e Christian, mio figlio. Amo la compagnia della mia famiglia, avere a che fare con un cuoco poi non è per niente facile: abbiamo orari tremendi, siamo sempre sotto pressione, viviamo con l’adrenalina in corpo. In più io ho le mie passioni, le mie curiosità, non sto mai fermo e non sono uno facile. Loro sanno come prendermi, sanno sempre cosa dirmi, ma soprattutto sanno quando non c’è bisogno di dire niente. Un’ultima persona, in fine, che ci tengo a ringraziare è Alois. Lui non mi conosce, è giovanissimo e vive in un paesino nella campagna belga. Alois ha tantissimi progetti, vuole fare il cuoco e rendere felici le persone che si affideranno alla sua cucina. Vuole lavorare in grandi ristoranti, girare il mondo e mettersi alla prova. Grazie Alois per aver avuto il coraggio di sognare, senza di te io non sarei nessuno.

I momenti più significativi della sua carriera
Sono tanti… ogni momento nella mia carriera ha grandi ricordi significativi. Tra questi, però, sicuramente l’ingresso al San Pietro, dove ho trovato un’intesa immediata con Vito e la sua Famiglia. Mi sono sentito a casa fin da subito, e non in un posto di lavoro.

Ha un pubblico internazionale, ma qual è il più esigente?
Senza dubbio gli italiani, perché sono quelli maggiormente legati ai sapori delle loro tradizioni familiari… nessuno batte le mamme italiane a tavola.

A CURA DI ENRICO CAMMAROTA TESTO DI CHIARA VANNINI