Il sense of place ed il ritmo lento dell’isola di Lamu incontra l’estro di una designer europea: ne nasce un progetto di ospitalità visionario (e di prossima espansione) in una comunità cullata dall’antica cultura
Tra le insospettabili aree del mondo che conservano centri antichissimi ed oggi multietnici c’è l’isola keniota di Lamu. Il suo centro abitativo principale, su soli sedici ettari, è abitato ininterrottamente da oltre 700 anni, a differenza di altri insediamenti importanti della costa. Con quell’allure di eremo marino, l’isola è parte di un arcipelago (che comprende anche Pate, più grande e Manda, a Nord) dove le spiagge e la barriera corallina conquistano come le influenze culturali nelle tracce bantu, arabe, persiane, indiane ed europee che ospita. I viaggiatori di nuova generazione possono viaggiare nel passato qui, tra le testimonianze che conserva la città vecchia nella Fortezza, nella Riyadha Mosque, nel Museo della casa swahili – creato in una dimora dell’Ottocento con arredi originali – o nel più curioso Museo della posta tedesca, dove cimeli in transito tra i due continenti, due secoli or sono, si fermarono proprio nel primo ufficio postale dell’Africa orientale. Lamu Old Town ha le sue strade strette, gli edifici in pietra antica e le porte curve e sontuose – quasi di persiana memoria – e poi la costa, i portici del mercato, le verande aperte sul mare connotano di energia e vita gli ambienti, anche per un’edilizia del tutto originale e tipica, basata su pali di corallo, calce e mangrovie. Ci si può godere il piccolo centro abitato, l’entroterra o i fondali dell’Oceano Indiano, scrigno blu che avvolge il passato ed il presente di questa goccia di terra. L’heritage si svela annualmente anche attraverso appuntamenti mai dimenticati, come il Festival Maulid che quest’anno si terrà il 26 settembre: la celebrazione si svolge lungo le antiche strade di Lamu, Patrimonio UNESCO e si richiama con essa la nascita del profeta Maometto. Musica e danze si susseguono, come le recitazioni di poesie, le sessioni di calligrafia e le mostre d’arte nei vicoli, mentre sulla superficie blu all’orizzonte si svolgono gare di dhow e di nuoto.
Le date di un altro appuntamento che conta su una certa popolarità sono quelle poi che vanno dal 30 ottobre al 3 novembre. È il periodo in cui su un’idilliaca isola tropicale come questa trova la sua dimensione ideale il Lamu Yoga Festival, un ritrovo speciale per gli appassionati di questa disciplina che accorrono da tutto il mondo. Decine di location uniche, sparse sull’isola, offrono varietà diverse di lezioni e sessioni meditative, sulla spiaggia o al chiaro di luna, facendo riscoprire intanto la magia e l’anima profonda anche di questo luogo.
Il progetto Jannah Lamu
L’ospitalità sull’isola sta cambiando e sta proponendo, negli ultimissimi, anni nuovi scenari. Un mix di paradigmi, di contaminazioni che ricorrono nel DNA di un’isola, del resto, ma che in questo caso innescano anche sfide di stile. Ed è proprio questo che ha dato origine al progetto di Jannah Lamu, voluto e realizzato da Anna Trzebinski. L’artista-fashion designer tedesca – che nel segmento ethical-luxury porta avanti un percorso di valorizzazione delle donne di questa comunità – inaugura una “costellazione di hotel” dal décor Swahili-Chic contemporaneo a Lamu. Dopo la’opening a Nairobi del boutique hotel di famiglia (e che propone al suo intino di più di 200 opere d’arte della galleria privata, gestita dalla Collezione Hemingways), approda anche qui la sua attenzione ai dettagli, proprio come quella che nelle sue collezioni di accessori artigianali ne hanno decretato la fama. Spicca la scelta degli interiors, la stratificazione di texture e colori che diventano poi identitari anche in questo nuovo esperimento tra ospitalità e impegno sociale, in cui alla creatività si aggiunge l’orgoglio di una manifattura artigianale locale. Con la seconda, nuova Jannah Lamu (il suo nome si traduce dalla parola araba per “paradiso” e mira a offrire ai visitatori un’esperienza particolarmente diversa e curata) l’ospite vive nell’autentica vita sull’acqua che l’isola offre. Sono solo sette le suite della nuova proprietà, oltre a tre spazi comuni e quattro tradizionali barche in legno restaurate che completano l’offerta per i selezionati ospiti. Privacy e sense of place sono il fulcro di quel concept che si sviluppa su due edifici. Ma presto, nei piani di Anna, ce n’è già un terzo che avrà anche spazi per eventi ad ampio respiro culturale, probabilmente nel 2025-2026, sempre per raccontare altro di quest’isola e della sua gente, delle sue donne e del loro mondo. Ma questa è un’altra storia.