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Alice Arcuri svela il segreto della sua naturale eleganza 

La passione per il cinema e il teatro

Alice Arcuri è una di quelle personalità che colpiscono per l’eleganza naturale e la presenza scenica. Nata a Genova nel 1984, inizia a dedicarsi al teatro in giovanissima età. Alice ha saputo interpretare ruoli complessi e sfaccettati, passando con disinvoltura da serie di successo come Don Matteo e Blanca, fino a produzioni più complesse come Il Clandestino, in cui ha recitato al fianco di Edoardo Leo. La sua capacità di adattarsi a diversi linguaggi recitativi, mantenendo sempre una cifra stilistica sofisticata, la rende una figura di riferimento per la scena artistica contemporanea. In questa intervista esclusiva per Posh, Alice si racconta, condividendo riflessioni profonde sul mondo della recitazione e sull’importanza di una continua crescita personale e professionale.

Hai iniziato il tuo percorso nel teatro per caso, ma la tua carriera ha rapidamente preso il volo. Come ha influito questo background teatrale sul tuo approccio alla recitazione in televisione e nel cinema?

Il mio approccio teatrale è stata la base solida su cui muovermi. La recitazione è unica, ma il mezzo cambia. Mi ha dato anche una base solida di studio, grazie alla quale posso affrontare ogni sfida, e mi ha permesso di conoscere autori teatrali incredibili, la cui complessità è immensa. Più ti confronti con questi autori, più le parole pronunciate al cinema e in televisione diventano semplici.

Essere stata designata ambasciatrice di Genova è un riconoscimento importante. Come pensi che la cultura e la bellezza della tua città abbiano influenzato il tuo modo di vedere l’arte e il tuo approccio al lavoro?

Genova è una città carica di arte segreta. Essere genovese credo abbia influenzato profondamente il mio modo di vedere il mondo. Genova è racchiusa tra il mare e le montagne, come se fosse un’isola. Ho sempre sentito la responsabilità di portare l’arte della mia città fuori, ma anche di tornarci per un “reset” personale. Sento l’onore e l’onere di provenire da una realtà circoscritta, difficile da raggiungere, ma che ha dato i natali a immensi comici e cantautori. E non è un caso.

Hai avuto la possibilità di lavorare in serie televisive di grande successo come Blanca, Doc – Nelle tue mani e Tutta colpa di Freud. Che cosa cambia nel tuo metodo di lavoro quando passi da un progetto televisivo a uno cinematografico o teatrale?

Il teatro è un lavoro profondamente verticale, che ti porta alle fondamenta, alla ricerca interiore. Ci sono personaggi che vivono dentro di te per molto tempo, perché è totalizzante e denso; la ricerca è lunga e a volte le cose si scoprono all’ultimo minuto. Il cinema è una via di mezzo tra televisione e teatro: non ci sono scene di raccordo, sono tutte scene madri, e nel testo non c’è mai una parola di troppo. La televisione, invece, dilata i tempi, quindi è meno profonda come ricerca, più istintiva e leggera, ma il metodo resta identico.

Nel 2023 hai ricevuto il Premio Kinéo al Festival del Cinema di Venezia. Che emozione è stata ricevere un premio così prestigioso? Come ha influenzato il tuo percorso professionale?

È stata un’emozione bellissima e una grande sorpresa, soprattutto per quanto riguarda il red carpet. Ne avevo già fatti, ma quello di Venezia mi ha trasmesso sensazioni molto positive. Non ho mai dubitato di essermelo meritato, e il pubblico è stato fantastico. Dal punto di vista della carriera, non so dove mi porterà questo riconoscimento, ma non è qualcosa che mi sono mai chiesta.

Sei tornata a lavorare a teatro con Il Rito di Bergman. Cosa significa per te tornare sul palco dopo anni di successi in TV e nel cinema?

È un ritorno a una casa che ho sempre amato, ma da cui mi sono dovuta allontanare. Ho iniziato a lavorare giovanissima, a 21 anni facevo già tournée, e l’ho fatto per quasi 16 anni. Avevo bisogno di ritrovarmi nell’instabilità. Essendo creativa, ho bisogno di sentire le vertigini: non amo sentirmi comoda. Inoltre, tornare a teatro mi ha fatto rivivere il mio corpo, perché in televisione il corpo non vive completamente come accade sul palco.

Il concetto di “lusso” ha assunto un significato diverso nel tempo. Come percepisci il lusso nel tuo lavoro, inteso come ricerca di esperienze artistiche uniche e di qualità?

Recito perché sono “rotta”, come tutti gli esseri umani. Il vero lusso del mio lavoro è poterlo fare. Attraverso i pezzetti di me, creo qualcosa che per il pubblico è bello da vedere e che parla dell’umanità. Essere una creatrice in questo senso è un gran lusso, perché molte persone tengono da parte le esperienze e i traumi, mentre il lavoro dell’artista è di rielaborarli e farne un bouquet di fiori. È catartico.

Nel mondo dello spettacolo, l’immagine è fondamentale. Come ti prendi cura di te stessa, sia fisicamente che mentalmente, considerando il ritmo intenso della tua carriera?

Ho un grande appiglio: lo sport, in particolare il crossfit, che è fondamentale per il mio benessere. È uno sport molto impegnativo, ma mi fa sentire completa. Hanno condotto studi sulla percezione che donne e uomini hanno di sé, e hanno scoperto che le donne tendono a vedersi “a pezzi”. Il crossfit mi fa percepire il mio corpo come un tutt’uno, non come un oggetto estetico.

Hai partecipato a eventi di grande visibilità come il Festival di Sanremo e il Festival del Cinema di Venezia. Che ruolo giocano la moda e lo stile personale nella costruzione della tua immagine pubblica?

Sono fondamentali. Penso che ogni donna abbia il diritto di sentirsi al meglio di sé. Questo significa percepirsi forte e sicura. Durante questi eventi, ognuna di noi sceglie un lato di sé da mostrare. Non è semplicemente superficiale, ma una scelta consapevole. A Venezia ho optato per outfit che mi hanno fatta sentire solida, statuaria e forte.

Dopo tanti anni di successi e varietà di ruoli, c’è un personaggio che senti particolarmente vicino alla tua personalità? O uno che ti ha cambiata in qualche modo?

Caroline ne Il Clandestino è un ruolo molto luminoso, pieno di entusiasmo e fragilità. Ho impiegato del tempo per entrarci completamente, perché tendo a praticare il “less ego”, cioè a sottrarre la mia personalità ai ruoli. Il personaggio che più mi ha cambiata, però, è stato quello in Doc, perché è stato il mio primo grande ruolo televisivo. Ho scoperto che, per la mia conformazione fisica, le parti da antagonista mi si addicono molto.

Sei stata protagonista di uno spot per la tua regione, la Liguria, trasmesso anche durante il Festival di Sanremo. Che significato ha per te essere un’ambasciatrice culturale di un territorio così ricco di storia e bellezza?

È una grande gioia. Essere arrivata a ruoli televisivi importanti in una città come Roma, partendo da Genova, mi fa sentire di aver fatto un buon lavoro, con grande umiltà. Non arrivo mai a un lavoro pensando che mi sia dovuto: arrivo preparata e non ho l’ansia del giudizio. Questo fa parte del bagaglio culturale che mi porto dietro dalla mia città.

Essendo un’ambasciatrice di Genova nel mondo, c’è un angolo della città che consideri un vero gioiello segreto? Quali sono i luoghi meno conosciuti che consiglieresti a chi vuole scoprire la Genova più autentica?

Tra i vicoli di Genova bisogna perdersi. È una città dentro la città, con palazzi meravigliosi e il mare sempre vicino, anche d’inverno. Genova è una città da scoprire senza Google Maps, con curiosità e voglia di esplorare.

Hai un posto del cuore a Genova dove ami rifugiarti per trovare ispirazione o semplicemente staccare dal ritmo frenetico della tua carriera? Cosa rende quel luogo così speciale per te?

Il Righi di Genova, sulle colline, è il mio “pensatoio”: vado lì nei momenti belli e brutti. Vedere Genova dall’alto mi calma e mi chiedo sempre come sia possibile che quella città stia in piedi. Ho tanti bei ricordi lì, da sola, immersa nella natura. Amo perdermi in quel luogo.

Come affronti il tempo che passa?

Vivo bene il tempo che passa. Mi sto rendendo conto sempre di più di quanto conti il percorso interiore. Ora che ho 40 anni, ho voglia di cambiare spesso look, e questo è il mio modo di fermare il tempo. Mi piace vedermi sempre diversa nel corso degli anni.

Per prenderti cura della pelle, prediligi skincare o medicina estetica? O entrambi?

Prediligo entrambe. Penso che ognuno abbia il diritto di trovare la forma in cui si sente a proprio agio. Ci sono cose che avrei voluto fare ma non ho mai fatto, e sul mio viso voglio che si legga la mia età: lo considero un segno del mio percorso. Però, amo anche il tempo che dedico alla mia skincare, cambiare routine e scegliere ogni giorno quella che più si adatta allo stato della mia pelle.