POSH intervista Matteo Zorzenoni, uno tra i giovani designer italiani più affermati, nato a Treviso e formatosi a Fabrica, luogo che negli anni d’oro ha lanciato nel mondo fotografi come James Mollison, cineasti come Danis Tanovic, designer come Jaime Hayon, con cui Zorzenoni condivide tutt’ora il lavoro di studio.
Ecco un’estratto dell’intervista che POSH ha fatto al promettente designer Matteo Zorzenoni. Puoi leggere l’intero articolo sul nuovo numero in edicola, oppure sfogliarlo a questo link.
La sua ricerca si concentra sui materiali, sui loro limiti e sulla scoperta del loro potenziale. Suoi progetti sono stati esposti al Maxxi di Roma, al London Design Festival, alla Biennale d’Arte e Design di St. Etienne e alla Biennale di Venezia. Oggi lavora per alcuni grandi brand come Cappellini, Mercedes Benz, Replay, Alcantara, Bosa Ceramiche, Miniforms.
Quando ha capito che il design sarebbe stato il suo lavoro?
Sono sempre stato vicino al mondo del design. Mio papà era un amante degli oggetti e in casa avevamo dei vasi di Venini e delle ceramiche di Tasca.Quegli oggetti così raffinati e moderni mi incuriosivano, volevo sapere tutto del processo creativo e di quello che potevano rappresentare.
Se progettato bene, un oggetto può davvero emozionare: preferisco vedere un vaso vuoto ma creato come una vera opera d’arte che un vaso riempito con dei bei fiori ma fatto di materiali scadenti e senza un concept dietro. Sono due approcci diversi, quello della funzionalità e dell’estetica, io preferisco il lato emozionale di un oggetto.
Il suo metodo di lavoro è più vicino a un lavoro “artistico” o a una “performance industriale”?
Non mi definirei un artista, anche se ho disegnato diverse edizioni limitate che espongo e vendo solo nelle gallerie. I miei prodotti sono più indirizzati verso la “performance industriale”, ma con una particolare attenzione al lavoro artigianale. Collaboro quotidianamente con vetrerie di Murano che rimangono piccole realtà fedeli ai valori della tradizione.