Pirelli HangarBicocca riapre le proprie porte al pubblico e si prepara – a partire dal 17 febbraio 2021 – ad accogliere gli ospiti per la nuova mostra “Digital Mourning” di Neïl Beloufa, la prima grande personale in Italia dell’artista franco algerino considerato tra le voci più brillanti dell’ultimo decennio, e acuto osservatore dei nostri tempi capace di offrire rappresentazioni vivide del mondo attraverso film, video, installazioni e sculture.
Ecco chi è Neïl Beloufa l’artista con cui Pirelli HangarBicocca riapre le porte al pubblico di Milano.
Nato a Parigi nel 1985, Neïl Beloufa è l’artista che oggi è considerato tra le voci più brillanti della nuova generazione. Tra i suoi strumenti di lavoro, con cui offre spaccati della realtà, ci sono film, video, installazioni e sculture. Nel suo lavoro si astiene dall’esprimere giudizi univoci, ma stimola la riflessione su temi di stringente attualità come le relazioni di potere, il controllo tecnologico, l’insidia del data collection così come il possibile collasso nella gestione di una pandemia.
Il modus-operandi di Neïl Beloufa è fortemente influenzato dalla dimensione del web, dei videogames, della reality tv e della propaganda politica, utilizza il vocabolario dell’era dell’informazione per svelare il sistema di valori di una società pervasa dalla tecnologia digitale dove tutto, dalle scelte alimentari alle relazioni umane, è definito in base a un algoritmo. In questo processo l’artista si definisce un editor, un montatore che assembla informazioni attingendo a ciò che già esiste per poi scomporlo e ri-presentarlo senza alcun giudizio di natura morale. L’intento è generare un cortocircuito all’interno di scenari consueti, mandare in tilt le supposizioni comunemente accettate come veritiere e restituire allo spettatore la libertà di costruire nuove relazioni e significati personali. Il pubblico si trova così all’interno di installazioni immersive che restituiscono una visione frammentata del reale, un universo popolato di pop-up e sistemi di telecamere a circuito chiuso CCTV studiati per rappresentare sia la libertà di un’organizzazione apparentemente casuale che la dimensione di controllo che vi si cela.
Le sue opere sono interamente realizzate in studio, con lo scopo di creare un modello alternativo di sostenibilità economica fondato sulla condivisione di competenze. Da questa fucina collettiva emergono opere che si confrontano e talvolta addirittura anticipano le istanze più urgenti del contemporaneo. È il caso di Screen Talk (2020), un progetto sperimentale che trasforma il video Home Is Whenever I’m With You (2014) in una serie web. Nel video l’artista immaginava una pandemia globale e la corsa tra laboratori farmaceutici antagonisti nella ricerca di una cura. Questo scenario, concepito come pura fiction nel 2014, assume oggi un significato del tutto nuovo, che si arricchisce di riferimenti al modo in cui il nostro sistema di comunicazioni e relazioni umane sia stato quasi interamente trasposto in forma digitale.
La mostra di Neïl Beloufa.
“Digital Mourning”, a cura di Roberta Tenconi, allude a uno dei paradossi più evidenti della società contemporanea, l’esistenza in un mondo tecnologico e la sua parallela scomparsa. L’associazione dei due termini “digital” [digitale] e “mourning” [lutto] si risolve nell’incontro tra assenza di vita e contesto artificiale, una dimensione dove la vita stessa viene simulata attraverso modelli appositamente costruiti per comprenderne l’essenza.
Il percorso è composto da un’ampia selezione di opere video che ripercorrono la carriera dell’artista dagli esordi (con Kempinski, 2007) fino alle produzioni più recenti, alcune delle quali proiettate all’interno delle installazioni multimediali originariamente pensate dall’artista a questo scopo. Nel loro complesso, queste divengono parte di un sistema computerizzato di attivazione e ri-montaggio che annulla qualsiasi gerarchia tra le informazioni.
Per questa speciale occasione l’artista ha realizzato una nuova versione espansa della sua opera immersiva La morale de l’histoire (2019), concepita come un racconto tecno-fiabesco, che narra le vicende di un cammello e alcune volpi del deserto che costruiscono un muro di pietre per ripararsi dal sole a discapito di una colonia di formiche. Il lavoro, che adotta volutamente i codici narrativi dell’infanzia per costruire una metafora dell’economia capitalista, conclude il percorso espositivo fungendo da riepilogo per tutte le altre narrazioni e opere.