Dopo 17 anni Christopher Bailey lascia Burberry. Anni di duro lavoro per portare il marchio britannico ad affermarsi come uno dei leader del lusso mondiale. Un’ eredità che ha il valore di un lascito inestimabile almeno dal punto di vista dell’innovazione. Una rottura che arriva dopo un calo degli incassi del 2% e tante polemiche sui guadagni del designer che si aggirano a torno ai 3.5 milioni di sterline nell’ultimo anno, più un pacchetto azionario dal valore di oltre 10 milioni. Nel mirino anche la diminuzione delle vendite nel mercato asiatico e l’investitura di doppi incarichi che l’hanno visto districarsi dall’area creativa a quella manageriale. Se c’è però un unico marchio del lusso britannico riconosciuto come tale, molto probabilmente questo lo si deve a Christopher Bailey, colui che ha portato il brand a non aver nulla da contendersi con nessun altro protagonista della couture internazionale o dal “Made In” nostrano, impostando il lato creativo cambiando l’orizzonte delle collezioni verso un prodotto meno commerciale.
Un grande sodalizio durato diciassette anni che oggi a detta dello stesso Bailey si interrompe comunque in buoni rapporti. Un lungo periodo in cui l’allora trentottenne Christopher entrava in azienda facendo del suo percorso una scalata di successi. Introdotto in Burberry nel 2001 grazie alla business women Rose Marie Bravo che all’epoca stava cercando di ridimensionare l’estetica dell’iconico trench attorno al quale costruire tutto un nuovo storytelling, reimpostandolo come il caposaldo di una cultura della moda che negli anni lo aveva visto affiancarsi a prodotti di basso livello. Prima ancora si è fatto le ossa da Donna Karan (1994 -1996), poi da Gucci come Capo Stilista della linea uomo (1996-2001), oltre ovviamente alla laurea al Royal College of Art. A Bailey va il plauso di aver ribaltato le sorti del marchio. Nel 2009 viene nominato Direttore Creativo, e nel maggio 2014 dopo la partenza di Angela Ahrendts verso Apple, riceve anche la nomina di Amministratore Esecutivo. Con la stessa Ahrendts – di cui aveva preso il posto anche da Donna Karan – Bailey ha collaborato per otto anni all’interno di Burberry. Momenti in cui l’azienda è diventata centrale nel mondo del lusso per esempio arrivando nel 2011 a generare 1,5 miliardi di dollari di entrate, con un aumento del 27% rispetto all’anno precedente, qualcosa che il mercato ha tradotto con un valore pari a 5,8 miliardi di sterline.
Bailey forte di una grande lungimiranza nel settore digital ha portato Burberry ad essere stata una delle prime aziende del luxury a sfruttare il potere dei social media e dell’online in generale, crescendo di anno in anno tramite le nuove tecnologie, i live streaming poi Twitter, Facebook, Instagram e Snapchat innescando la miccia di un business esplosivo che pian piano vede le collezioni fare da apripista a tutto il mercato del “see now buy now”. Nel 2008 assieme all’ Amministratrice Delegata di Burberry dell’epoca, appunto Angela Ahrendts, ha creato la Burberry Foundation con l’intento di aiutare i giovani a realizzare i propri sogni alimentando la loro creatività, oltre ad essersi occupato in prima persona della progettazione del nuovo head quarter londinese di 15.000 metri quadrati e di quello della divisione americana al 444 Madison di New York.
Anche se l’uscita di Bailey sarà ufficiale a partire da marzo 2018, è già arrivato in azienda Marco Gobetti con il ruolo di Chief Executive, investito della prestigiosa nomina dopo la svolta apportata da Céline, trasformando il brand di proprietà del colosso LVMH in una delle sue marche di moda più importanti. Gobetti avrebbe già cominciato a reimpostare la situazione di Burberry a partire dal giugno scorso quando Bailey ha presentato la collezione nata dalla collaborazione con il designer russo Gosha Rubchinskiy.