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La moda in mostra.

A Milano tornano protagoniste la moda e le mostre. Nulla sembra più perfetto di una riflessione che accomuna Italo Calvino, il fashion system e il nuovo millennio…

Riaprono le porte di Museo Poldi Pezzoli, in via Manzoni, nel cuore del tessuto urbano di Milano per l’esposizione “Memos. A proposito della moda in questo millennio”.

Un progetto in forma di mostra e di catalogo, curato da Maria Luisa Frisa  – che coinvolge Judith Clark per l’exhibition making e Stefano Tonchi con un progetto visuale – con l’intento di innescare una serie di riflessioni sulla moda contemporanea, sulle sue qualità e sui suoi attributi, attivandole da quelle Lezioni Americane di Italo Calvino. Il titolo dato dallo scrittore era Six Memos for the Next Millenium. Così Memos, parola incisiva e ampia, è titolo dell’esposizione.

La lettura di Calvino genera oggi una domanda fondamentale…

“Può la moda, nel suo essere industria culturale, sistema di comunicazione, territorio ricco, ibrido e problematico, essere considerata pratica scientifica e poetica, e quindi naturalmente letteraria?” La mostra utilizza le parole di Calvino come dispositivi per riflettere sulle trasformazioni e le permanenze della moda. Memos evoca anche le note dattiloscritte da Diana Vreeland ai tempi della sua direzione di Vogue America. Appunti, rivolti alla redazione, che trattengono sinteticamente la rapidità immaginifica di Vreeland. Note, che funzionano come mood board fatti di parole.

In mostra: dagli abiti di Giorgio Armani a quelli di Paul Andrew per Salvatore Ferragamo, Alessandro Michele per Gucci e  Demna Gvasalia per Balenciaga (solo per citarne alcuni). Insieme a riviste ed ephemera che fanno parte delle storie della moda, e che contribuiscono ad articolare il percorso espositivo in una sequenza di memos tridimensionali.

“Memos. A proposito della moda in questo millennio”, visitabile fino al 28 settembre 2020, affronta un discorso sul metodo che vede come interlocutori necessari la scrittrice Chiara Valerio e la regista Roberta Torre, a cui viene chiesto di dare voce ad alcuni dei materiali in mostra. Voci autoriali che descrivono l’oggetto assecondando le rispettive immaginazioni.