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L’arte di Richard Avedon e la visione della bellezza di Christian Dior in un volume che celebra l’estetica del sublime.

Richard Avedon e Christian Dior, il fotografo americano e il couturier francese, la lente dell’obiettivo e i tratti unici di uno stilista audace. L’arte della fotografia dialoga con il segno della moda in un legame indissolubile tra due protagonisti della bellezza in un volume che celebra l’espressione e il linguaggio della camera chiara: Dior by Avedon (edito da Rizzoli NY) evoca la sublime visione del fashion attraverso scatti iconici che sono entrati nella storia. Dovima avvolta nell’abito Soirée de Paris in posa tra due elefanti del Cirque d’Hiver, Marlene Dietrich pensierosa e sfuggente, Audrey Hepburn e la sua sofisticata delicatezza… tra movimenti ed emozioni catturate e riflesse nell’occhio di Richard Avedon. Traslitterando l’invisibile nel visibile, dove ogni attimo diviene eternità. «Una posizione di danza» – raccontò Richard Avedon. «Ho visto gli elefanti sotto un enorme lucernario e in un secondo ho capito che dovevo trovare l’abito giusto…». Fotografie scattate negli atelier di 30 Avenue Montaigne, la “dimora” creativa di Christian Dior, si alternano agli schizzi del couturier, alle creazioni della Maison e agli aneddoti più curiosi raccontati dal Direttore di Harper’s Bazaar UK, Justine Picardie. Dal 1947 al 1956 lo sguardo di Richard Avedon cattura l’essenza dell’arte di Dior attraverso una haute couture narrata tra scenografie parisiennes, acciottolati e stazioni ferroviarie. «Richard Avedon – scrive Jacqueline de Ribes nella prefazione al libro – era il più seducente, entusiasta, dinamico, stimolante, impegnato e stravagante dei fotografi.» E le sue immagini come narrazione di un’epoca d’oro hanno catturato l’essenza del New Look ed evidenziato l’architettura dei tratti e dei disegni di Monsieur Dior, la geometria sottile e la composizione stilistica di abiti emblematici e di muse leggendarie. In una sintesi artistica in cui l’essenza della moda e la maestria del bianco e nero evocano un unico linguaggio. Quello della perfezione.