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Quattro anni fa dopo un lungo corteggiamento, Elisabetta Franchi cedeva il 25% della Betty Blu SPA, l’azienda a cui fa capo il suo omonimo brand e di cui è proprietaria, al Fondo di Private Equity Trilantic Capital Partner. Ora la Franchi cambia rotta, entro fine anno si riprende il 100% del suo impero e mira a Wall Street insieme alle nuove aperture di negozi ed e-commerce, già presenti per esempio oltre che in Europa, anche in Russia e Hong Kong. Un nuovo obiettivo capitanato non solo dalla Franchi ma anche dall’amministratore delegato Eugenio Manghi – ex Max Mara – in carica dal 2015.

Era il 1998 e la Franchi metteva la prima pietra di quella che sarebbe diventata un’azienda dalle mire espansionistiche non indifferenti. Un sogno il suo, alimentato tra stoffe e bozzetti di carta che comincia ad avverarsi partendo da una bambola. La sua Betty Blu, la compagna che aveva la stessa funzione di un manichino da mulage su cui immaginare i modelli delle future collezioni. La Betty Blu SPA è il sogno realizzato di un’imprenditrice italiana che richiama anche quella forza del “from myself” che l’ha vista più e più volte innovarsi ed inventarsi qualcosa di grandioso. Un percorso iniziato come produttrice di fast fashion, poi spostato su segmenti molto più alti passando a fashion brand, pian piano il prêt-à-porter e poi le sfilate di Milano. Insieme all’evaluation del nome, nel tempo cresce anche l’azienda che apre un mega e modernissimo head quarter a Bologna pensato anche come luogo conviviale per tutte le persone che vi lavorano, questa per Elisabetta Franchi, una questione davvero importante.

Il 2014 è l’anno della svolta, l’azienda fatturava circa 112 milioni di euro e puntava a raggiungere obiettivi ambiziosi legandosi a Trilantic – partecipato da Reinert Investments, i quali fanno capo alla famiglia Rupert, ossia al colosso Richemont – la partecipazione al fondo prevedeva il debutto in Borsa e un incremento del 50% del giro di affari nell’arco di tre anni, se non fosse che il fatturato del marchio dal 2013 al 2016 è rimasto sostanzialmente stabile nonostante un 2015 davvero duro che l’ha visto perdere circa il 10%. L’azienda passa dai 105,5 milioni di euro del 2013 ai 101,9 milioni del 2016. Un andamento che ha avuto ripercussioni anche sul fronte della redditività, l’ebitda del 2016 scende infatti a 20,1 milioni di euro contro i 25,1 milioni del 2013. A detta della Franchi “il Fondo non è mai stato un compagno di vita, l’ho scelto quattro anni fa in un momento di grande corteggiamento. Ma non rinnego nulla del cammino fatto con Trilantic che, anzi, ci ha permesso di lavorare molto in direzione internazionale”.