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Ad Hyères, in occasione del Prix Chanel Métiers d’Art, abbiamo incontrato Priscilla Royer la direttrice creativa di Maison Michel, lo storico marchio della modisteria parigina creato nel 1936 e che per la 34° edizione del Festival ha fatto parte delle 10 maison con cui Chanel collabora per il prestigioso premio da assegnare ai giovani talenti della moda, un’edizione in cui Maison Michel ha portato alla vittoria la giovane artista Roisin Pierce.

Può raccontarci l’inizio del progetto Maison Michel per il Prix Chanel Métiers d’Art ?

Il nostro primo ruolo era  sostenere la nostra finalista. Qualcuno che non conosce niente di questo mestiere, che non aveva neanche mai visto un atelier di cappelli, ma che arriva con il suo approccio, molto autentico e personale. Le abbiamo fatto visitare l’atelier e mostrato le tecniche, per farle vedere quello che potevamo fare. Le ho suggerito di rifletterci e di pensare a cosa poteva fare sulla base delle nostre competenze e d’inviarci quindi i suoi schizzi. Qualche settimana dopo é ritornata con i suoi disegni e da li siamo partiti, iniziando a discutere, analizzando nel dettaglio i modelli per cercare di ottenere esattamente quello che voleva. E alla fine siamo riusciti ad ottenere il modello conforme al disegno.

Cosa le ha apportato questa esperienza?

E stata un’esperienza rinfrescante, dove non c’erano considerazioni legate al business, un progetto puramente basato sulla creatività. Sono contenta del risultato e penso che lo sia anche lei… Abbiamo usato tecniche relativamente semplici come ruchers (plissettatura)  «smock», cercando di «drapeggiarle» per avere questo cono di crème Chantilly. L’effetto è incredibile. Funziona.  Siamo davvero fieri del risultato, la première main dell’atelier che ha lavorato con Roisin era molto soddisfatta. Il messaggio della collezione é forte, c’é un punto di vista, una volonta’ d’affermare delle idee.

Quali sono le sue impressioni sul Festival di Hyères?

E’ la prima volta che vengo qui e sono felice.  E’ un’ esperienza incredibile, c’é una bella atmosfera, piena di creatività. E poi c’é il piacere di essere qui con Roisin…

Come vede questa iniziativa di Chanel di valorizzare lo scambio tra arte e artigianato, creatività e  patrimonio?

Formidabile. Trovo che sia il migliore vettore di comunicazione per i Mestieri d’arte, perché é un approccio diretto, si entra subito nel cuore del mestiere. Si collabora con dei giovani creativi a cui diamo tutto il savoir-faire possibile mostrando concretamente come lavoriamo, come parliamo. E’ super importante far vedere che c’é un lato ultramoderno di questi mestieri. Non é solo perché é la tradizione e savoir-faire che ne fa automaticamente qualcosa di forte ma perchè c’é una garanzia di qualità; i mestieri d’arte rappresentano la qualità.

Nei vostri ateliers ci sono molti giovani apprendisti?

Abbiamo dei giovani, che ormai sono formati dai seniors. C’é uno dei nostri artigiani, à Chambery, che ha appena festeggiato i suoi 30 enni da Maison Michel. Da quattro anni sta formando una nuova recluta che ha deciso di restare… Sono delle belle persone, sono giovani, appassionati, rispettosi e con una vera voglia d’imparare il mestiere.

Puoi raccontarci dei suoi esordi come Direttore Artistico della Maison Michel?

Sono stati Bruno Pavlovski, (Presidente dipartimento moda ) e Virginie Viard (direttrice della creazione e braccio destro di Karl Lagerfeld)  a chiamarmi per Maison Michel. Le cose si sono fatte  fluidamente, in modo spontaneo.

Il suo incontro con Lagerfeld? 

Nel primo incontro Karl mi ha chiesto se avevo l’abitudine di portare  cappelli…Ho iniziato a dire che si, certo che portavo il cappello, aggiungendo qualche dettaglio……Ma Karl mi stava chiedendo  un’altra cosa… Quindi ha ribadito «Si, va bene, ma lei porta il cappello»?. Allora ho capito che era un’espressione…Un modo simpatico per chiedermi se ero un po’ «toquée» (pazza)… Perché è quello che si dice delle persone che creano i cappelli…Insomma, apparentemente, siamo gente un pò particolari! È stato piuttosto divertente come primo incontro.

Quale è stato il suo approccio al cappello quando ha cominciato a lavorare da Maison Michel?

Il cappello è una questione di stile, ed è così che l’ho trattato. Mi sono sbarazzata di tutti i codici sociali che c’erano dietro,  e l’ho considerato come un accessorio che da qualcosa in più alla silhouette come i  guanti, i gioielli..In questo senso m’interessa offrire il massimo delle opzioni, mettendo le persone in condizione di scegliere secondo i loro criteri. E’ la persona che fa il cappello non é il cappello che fa la persona.

Si può dire lo stesso della moda…

Si certo, la  moda è una questione di personalità. Come nel caso del cappello, é necessario appropriarsene.

Che consiglio darebbe per scegliere il cappello giusto?

Di provarne tanti, divertirsi nel farlo, e poi capire che ce n’é uno che é « il cappello », il nostro.

Che cappelli le piacciono?

Quelli piccoli a falde corte.

 Come la cloche?

Si mi piace la cloche, ne abbiamo uno nella collezione Maison Michel che si chiama Souna, è un po’ un ibrido tra una cloche e un Bob sofisticato

 Che consiglio darebbe a chi sta iniziando questo mestiere?

Non mettere troppe cose nella stessa pièce. Si puo’ dire tanto  senza mettere quasi niente in un cappello. Si puo’ giocare con la la forma, il volume… Non è aggiungendo elementi che  il messaggio si fa più chiaro. Non è che perché oggi lavoro in un atelier d’eccezione , devo per forza mettere ricami, della paglia cucita, fiori, merletti… Preferisco diluire… Fare tre cappelli piuttosto che uno solo. Non è una questione di dare  spettacolo, di mascherarsi… La vita non é questo.

Insomma anche per lei “Less is more” come dichiarava il manifesto dell’architettura modernista? 

Si, la frase è perfetta.