Skip to main content

Photographer Alessandro Treves

Occhi azzurri, capelli biondi (oggi) e un sorriso tanto semplice quanto profondo. Caterina Shulha è considerata una delle attrici più talentuose di questo momento. Bielorussa naturalizzata italiana si divide tra teatro, cinema, televisione, il lavoro come modella e i tre figli. Ambassador per Armani beauty, poliedrica e  determinata, conquista tanti mondi con un’apparente estrema facilità. In lei, nessuna inflessione di lingua… per bellissime pagine bianche di recitazione ancora tutte da scrivere.

 

Sei arrivata qui in Italia a soli dodici anni e con tua mamma. Dalla Bielorussia a Cinecittà è un bel salto. Ci racconti?

Sono arrivata a Roma Ostia senza sapere una parola di italiano ma ho avuto la fortuna di trovare fin da subito degli amici che mi sono stati accanto. Velocemente sono riuscita ad essere indipendente economicamente e questo grazie al fatto che ho cominciato a lavorare nell’ambito della moda già a quindici anni quando ancora c’era la “Roma” della moda! Ho lavorato prima nella Capitale e poi a Milano. Sono apparsa su Vogue e Marie Claire e in diverse note campagne fotografiche. Ho fatto molti lavori per cataloghi di moda e, dopo diversi provini nell’ambito della pubblicità, è arrivata l’occasione di un provino per la serie Tv “I Cesaroni”.

 

Ricordi l’emozione di quel giorno?

Si. Era un mondo che non conoscevo, quello della Tv. Feci il primo provino e mi presero subito con la sola richiesta, da parte del regista, che sapessi guidare il motorino, cosa che invece non sapevo assolutamente fare! Grazie a questa serie sono diventata rapidamente un volto familiare per gli italiani.

 

 

Sei venuta in Italia con tua mamma. Quanto è stata importante la sua figura?

Fondamentale. Lei è insegnante alla materna. Quando arrivammo in Italia, per poter lavorare, si mise a studiare per prendersi la Laurea in italiano in quanto erano pochi gli esami che le avevano ritenuti validi dalla Bielorussia. È stato un bellissimo esempio, un punto di riferimento per caparbietà e per i tanti sacrifici che ha fatto per me. Lei lavorava tutto il giorno e io ero sempre da sola ma, come dicevo, ero caratterialmente molto indipendente. Mi preparavo da sola da mangiare, stiravo, sistemavo casa. Per me era tutto assolutamente normale. Questione di carattere!

 

Che rapporto c’è stato con i protagonisti della storica serie I Cesaroni?

Con Claudio (Amendola), con il quale ho recitato il numero maggiori di scene, è stato feeling da subito. L’ho ritrovato dopo anni, mentre ero incinta, durante le riprese di un film che era girato in Armenia ed è stato bellissimo. Un secondo papà. In generale ho sempre trovato colleghi e registi molto disponibili forse anche perché io mi sono sempre posta con un mood semplice e mai capriccioso.

 

Ti sei prestata nella tua carriera a tanti ruoli compreso il musical dove hai cantato e recitato. Come è lavorare in quell’ambito? Non avevi mai cantato prima…

Come la volta del motorino in questo caso era richiesto, ovviamente, il saper cantare e io, pur non avendo mai cantato se non nel karaoke, ho comunque fatto il provino che ho passato con l’impegno da Maggio a Settembre di studiare canto e i pezzi. È stato tutto molto naturale, come sempre.

 

Sei diventata mamma giovanissima di tre figli, un maschio e due gemelle. Come concili lavoro e famiglia?

Fin da bambina ho sempre desiderato avere tre di figli. Mia mamma mi ha avuto a vent’anni ma la mia scelta di avere presto dei figli non è stata dettata dalla mia cultura ma più un fattore di forza ed energia, che si ha solo quando si è giovani. Con mio marito, il produttore Marco Belardi, la gestione della famiglia è davvero un incastro quotidiano che però ogni giorno superiamo brillantemente. Bisogna essere multitasking.

 

Con suo marito non lavora. Una scelta in controtendenza rispetto a quello che si vede nel mondo del cinema. Come mai?

Quando ci siamo conosciuti io avevo poco più diciotto anni. Marco a quell’epoca stipulava dei contratti con la sua produzione ad attori non conosciuti, emergenti con il fine di creare una squadra di attori giovani. Ci siamo incontrati la prima volta a gennaio per poi rivederci casualmente a marzo quando ci siamo rincontrati a un festival. Ci siamo innamorati a prima vista e, i primi di giugno, avevo già disdetto il contratto che avevo firmato con la sua agenzia. Non potevamo lavorare insieme. È stata una decisione lavorativa della quale non mi sono mai pentita e della quale andiamo molto fieri. Tenere separate le cose aiuta molto anche la coppia ed è una cosa che di noi hanno sempre apprezzato.

 

 

Sei tornata recentemente con la serie Black Out – Vite sospese su Raiuno, canale che ti ha visto cominciare la tua carriera in Tv. Vuoi raccontarci?

Sono molto felice ed emozionata di questo ritorno in Rai. Dopo “I Cesaroni” a diciannove anni ho fatto una sitcom per ragazzi dal titolo Talent High School – Il sogno di Sofia, su Sky. Tre stagioni, il primo lavoro grosso. Da lì, per quattro anni, ho recitato in Un passo dal cielo. Sono stati anni intensi. Giravamo sei mesi l’anno, il cast era diventato per me una seconda famiglia. Tornare oggi in tv e in questo canale è per me quindi un ritorno alle origini. In questa serie sono Irene, un’infermiera una donna normale che nasconde però un segreto. La regia è di Riccardo Donna. Lui mi piace moltissimo perché è capace di raccontare le donne e i loro aspetti di fragilità e di emozione molto bene.

 

Come ti prepari per interpretare un ruolo?

Cerco sempre di indagare molto nel personaggio prima dell’inizio delle riprese della pellicola. Parlo sempre molto con regista, cercando di carpire il background del personaggio che andrò a interpretare. È il mio modo per entrare al meglio nel personaggio e per meglio interpretarlo. Non ho mai frequentato alcuna scuola di recitazione e nessuna Accademia e di conseguenza non ho mai avuto un metodo da seguire per la recitazione. Penso che per fare l’attore sia fondamentale quello che portiamo di noi nel film, come il nostro vissuto, la nostra intensità. La recitazione non si può spiegare, esce fuori “di pancia”. Una grande scuola sono già gli stessi set, che formano molto già di loro. Recitare mi emoziona ancora come la prima volta, a dimostrazione che è quello che voglio fare.

 

Esiste ancora il “sogno americano” di Hollywood, per voi attori?

Non lo so. Posso dire che il mio sogno è fare film che mi piacciono. Ammiro gli attori che inseguono l’America, che hanno questo desiderio. Quello che auguro a me stessa è di essere ovunque possa recitare in pellicole che mi diano qualcosa.

 

Ad oggi c’è un attore e un regista che ti ha più colpita rispetto ad altri? Che ti ha in qualche modo affascinata?

Si. Uno tra tutti, e con il quale siamo rimasti anche amici, è Ivano De Matteo. L’ho conosciuto durante i cinque giorni di riprese a Torino per il film La vita Possibile, interpretato da Margherita Buy e Valeria Golino. Innanzitutto è l’unico regista in Italia che gira ancora in pellicola e poi il suo modo di lavorare con gli attori è davvero unico. Grazie a lui sono entrata nella magia del cinema. Lui è una sorta di pittore del cinema, che dipinge spostando lui stesso gli attori durante le scene nel set. Tra gli attori con i quali ho lavorato, mi ha colpito molto Edoardo Pesce, uno dei più grandi talenti che abbiamo in Italia. Mi ha insegnato tanto del nostro mestiere.

 

 

Che mamma sei? Che educazione trasmetti avendo una vita privilegiata rispetto ad altri?

La mia ansia da sempre è quella di crescere tre individui che non sappiano stare al mondo. È ovvio che partiamo da una situazione privilegiata anche rispetto all’ambiente dove siamo cresciuti sia io che il mio compagno. Credo che sia ciò che succede nelle mura di casa che è importante. Sono, dicono, molto severa a casa perché ho davvero questa profonda ansia, quella cioè che possano vivere in un mondo dove non si trovano perché troppo viziati.

 

 

Cosa, del tuo carattere, vedi del tuo paese di origine?

Credo sia l’aspetto di andare avanti sempre e senza mai lamentarsi. Sono una donna fortunata.

 

Dei social che opinione hai?

I social sono nati per condividere qualcosa con le persone, con gli amici che non vedevi spesso. Oggi sono stata costretta come tutti a cambiare completamente questa visione. Questo aspetto è chiaramente cambiato, si è modificato ed è inevitabile che si utilizzino anche per lavoro.

 

Arriviamo a Giorgio Armani. Com’è nato l’incontro con lui?

Per me lui, è la storia della moda in quanto è capace di vestire chiunque in maniera unica. Il nostro rapporto è iniziato quasi per caso. Avevo da anni una stylist che mi seguiva e abbiamo deciso di chiedere dei capi. Tutto, anche in questo caso, con la solita naturalezza. Questa copertina di Posh è la mia prima copertina nella quale, oltretutto, sono supportata da Armani. Un momento della mia vita stupendo. Io sono una persona che si gode sempre le cose “dopo”. Quando mi giro indietro le vedo riconoscendole come bellissime.

 

 

Sei nata oggettivamente bellissima e nella tua vita hai coraggiosamente cambiato spesso il look per lavoro.

Da sempre sono molto disponibile con i registi circa il cambiamento del look per interpretare un personaggio. I miei lavori sono spesso progetti che, come li definisco io, non sono ordinari. Basti pensare che quando ho terminato il film che giravamo in Armenia sono entrata in sala parto con la testa completamente rasata a zero. Un’immagine che non ci si aspetta nella maniera classica. Questa disponibilità da parte di un attore per me fa parte di quella base del nostro lavoro che è davvero un aspetto determinante e non è per nulla scontato, fidatevi.

 

Il tuo aspetto etereo è innegabile ma è stata anche la tua fortuna?

Si, anche se spesso è stato più difficile dimostrare di poter interpretare un personaggio diverso, che non sia il solito “angelo biondo”. La bellezza rende oggettivamente più difficile l’idea che si possa interpretare un ventaglio di personaggi molto diversi tra loro.

 

Parlando di canoni estetici non si può non parlare di Armani Beauty…

Adoro il trucco di Giorgio Armani. Elegante e naturale come solo lui può essere. A casa sono solita stare in tuta e struccata e non ho una vera beauty routine soprattutto per questioni di tempo. Cerco però di fermarmi ogni giorno per dedicare del tempo alla mia pelle, con maschere di bellezza, ecc

 

Qual è il tuo vero lusso oggi?

Un bel bagno di sera nella vasca, mentre i figli dormono. Un altro lusso è leggere un libro. L’ultimo che ho in realtà riletto, è “Le notti bianche” di Dostoevskij in lingua russa. Me lo ha portato mia nonna per Natale. Lo avevo già letto per lavoro in italiano.

 

Cosa pensi del cinema italiano? C’è la possibilità che si riprenda?

Il nostro cinema ha un grandissimo passato. Credo sia necessario ritrovare i famosi filoni di qualità e per farlo abbiamo una grande generazione di attori. Mai come oggi si tende a sperimentare sulle piattaforme streaming ma sono fiduciosa che, a prescindere da questo aspetto, il cinema tornerà a vivere come una volta.

 

Quali sono i “tuoi luoghi” preferiti di Roma?

Il mio parrucchiere si trova a Fleming, Roma Nord. A lui mi affido completamente da dieci anni anche quando per lavoro devo cambiare look. Vado spesso poi in un’osteria a Trastevere che si chiama Da Corrado. È un piccolo ristorante con quattro tavoli all’aperto. Cucina romana come a casa. Poi dietro Piazza Navona c’è un ristorante dove andiamo a mangiare un baccalà buonissimo. Ci sono dei posti per me ai quali sono davvero legata.

 

 

Quali sono invece i tuoi luoghi di vacanza?

Torno spesso a San Candido in Trentino, a 10 km dalla frontiera. Un piccolo paesino che è davvero bellissimo e nel quale ho girato diverse scene di “Un passo dal cielo”. D’estate è stupendo soprattutto con i bambini. Poi vado molto a Fregene alta, soprattutto durante l’estate. Gli stabilimenti sono anni ’80, molto belli e pratici.

 

Come si riesce ad affrontare un conflitto come quello che c’è da un anno in Ucraina? Qual è il tuo pensiero?

Credo che per la prima volta nella storia non si fermeranno, anzi. È anche la prima volta che i giovani non scappano. Ho tanti amici che sono rimasti infatti lì in Bielorussia e che sono scesi in piazza a manifestare. Purtroppo, mio cugino è morto durante i conflitti. Ragazzo brillante, studiava medicina con ottimi voti. Ha deciso di partire e di andare a combattere. È andato a Kiev, per aiutare come paramedico l’esercito. I giovani oggi, rispetto a quando ero piccola io che erano talmente disperati che andavano via soprattutto in America stavolta hanno invece deciso di rimanere nel loro paese. Tantissime persone stanno scappando non per andare a vivere altrove ma per combattere in Ucraina contro i russi. È uno scenario molto forte e credo che stavolta non si tornerà più indietro. C’è un prezzo troppo alto da pagare e la Bielorussia non è più vista a livello mediatico come una vittima, ma come collaboratrice.

 

 

Se dovessimo chiederti un messaggio “al mondo” quale sarebbe?

Legandomi a quanto appena detto dovremmo riprendere la voce che abbiamo per poterla usare. È paradossale ma è quando sei nelle condizioni più disperate che riesci a farla sentire bene.