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In un intimo scambio di riflessioni con Fotini Peluso, ci immergiamo nella sua affascinante storia tra le radici greche, la passione per la recitazione e la vita a Parigi. Fotini, nota per la sua versatilità, racconta il suo percorso, dai primi passi nel cinema fino ai ruoli significativi nella seconda stagione di “Tutto chiede salvezza” e nel film “Dieci minuti”.Parlando della sua storia con Chanel, Fotini sottolinea il suo impegno per l’empowerment femminile. Riflette sulla bellezza, la felicità quotidiana e condivide il desiderio di lavorare con registi che sfidino la sua creatività. Peluso ci racconta l’amore che sarà per sempre la sua ispirazione in un mondo di infinite possibilità.

 

Madrelingua greca, parli l’italiano e il francese, vivi a Parigi. Dove ti senti davvero a casa e cosa significa per te avere diverse radici?

– Credo che la casa di ognuno sia dove si trova il cuore, e in questo momento il mio è a Parigi. Roma è casa dei miei genitori, piena di ricordi d’infanzia, che, però, non sono attuali, non la sento mia. Invece associo la Grecia non solo ai ricordi di quando ero piccola, ma anche a lavori recenti e luoghi di svago e divertimento, ma Parigi è il posto dove mi sento tranquilla quando apro la porta ed entro in casa.

 

 Hai iniziato a recitare molto presto, come hai scoperto la tua passione e bravura per la recitazione? 

– In realtà forse era sempre stata lì, non è una cosa che ho esattamente cercato. Sono cresciuta a pane e cinema, i miei genitori mi hanno educata proponendomi e facendomi guardare bei film di qualità, un buon cinema che ha impattato nella mia crescita, però non avevo mai pensato a questo tipo di carriera finché non ho fatto il primo provino in un centro sociale a Roma con Ivan Cotroneo, provino per cui non mi hanno presa, poi è arrivato a 17 anni il primo vero lavoro. È tutto andato molto velocemente per quanto mi riguarda.

 

 

Cosa dobbiamo aspettarci dal personaggio di Nina nella seconda stagione Netflix “Tutto   chiede salvezza”?

– All’inizio, quando mi hanno comunicato che avremmo girato la seconda stagione ho provato una gioia immensa, ma anche un po’ di preoccupazione: ci si aspetta tanto da un progetto che ha riscosso tanto consenso, inoltre la prima era tratta dal libro di Daniele Mencarelli, la seconda non ha più come base il libro da cui trarre il proseguo. Questa è una cosa che all’inizio, nonostante la bravura e professionalità delle persone con cui ho lavorato,  mi aveva spaventata dal punto di vista del mio personaggio, e invece dopo averla girata sono rimasta profondamente contenta, abbiamo lavorato benissimo e abbiamo dato il meglio di noi, a me è piaciuto tantissimo farla anche perché ero meno agitata della prima, che era costellata da casi covid, con un ansia notevole rispetto al set. In quel momento esatto mi stavo trasferendo a Parigi, ero sommersa da scatoloni, non è stato un momento facile, in realtà poi l’ho vissuta con grande serenità. C’è stato uno studio sui personaggi molto approfondito, la prima era più incentrata su un disagio mentale, tema attuale anche in questa stagione, in cui è stato fatto anche un gran lavoro sulla componente sentimentale.

 

Anche il film “Dieci minuti” è tratto da un libro, un’altra storia dove è presente la tematica della salute mentale con un team totalmente al femminile. Com’è stato lavorare con uno staff di sole donne?

– È una cosa che mi ha inorgoglito parecchio perché erano tutte donne che già stimavo in precedenza, compresa Francesca Archibugi, Barbara Ronchi, Margherita Buy e Maria Sole Tognazzi che sono dei pilatri, è stato emozionante. Viene molto identificato come un film femminile, e io non ne sono cosi convinta, credo che i temi trattati siano universali, nonostante non possa prescindere dal fatto che i personaggi principali sono donne. Ci sono temi contenuti che a me stanno particolarmente a cuore, credo che il film si indirizzi ad un pubblico ampio ed eterogeneo, si parla di rottura, di crisi esistenziale, quindi è interessante vedere il processo di rinascita. Una cosa che dice Maria Sole, la regista, è che il suo film è volto a proporre agli uomini di riuscire ad immedesimarsi nelle donne.

 

Credi alla filosofia proposta nel film che “per essere felici basta fare qualcosa di diverso ogni giorno” o la tua felicità la vivi in altri modi?

– Io credo che la felicità non sia qualcosa di puntuale, è un percorso, una ricerca, la protagonista del film non si guarda intorno, non riesce nel pratico ad apprezzare ciò che ha e ciò che la circonda; credo che fare qualcosa di nuovo ogni giorno sia una grandissima risorsa per tirare la testa fuori dall’acqua e renderci conto dei piaceri della quotidianità, ma anche le azioni semplici e quotidiane come svegliarsi la mattina e preparare il caffè è un gesto volto ad essere felici.

 

Come ti evidenzi e ti differenzi all’interno della tua categoria?

– Non mi sento particolarmente diversa. Credo che, al di fuori della carriera, quello che devo ricordarmi è che sono un essere umano e in primo piano c’è la mia vita, e la mia felicità, in questi termini la mia carriera è un tema accessorio, nel senso che è vero che la soddisfazione passa anche attraverso il mio lavoro, è una mia passione e amo ciò che faccio, ma credo che non sia il centro. Nei periodi in cui ho lavorato di più avevo notato che la mia vita ormai passava esclusivamente dai set, mi spostavo da una parte all’altra, preparavo i ruoli, ero felice indubbiamente, stavo facendo progetti bellissimi, ma a fine anno mi ero davvero resa conto che dovevo riacquisire la mia individualità nelle cose semplici come uscire, prendere un libro e mettermi in un caffe a leggere. L’obbiettivo è riuscire ad essere me stessa, circondata da persone trasparenti, spontanee e che mi vogliono bene per quella che sono.

 

  • Sei amica della maison Chanel, come descriveresti il vostro rapporto?
  • Ne sono rimasta molto impressionata, è un brand cosi immenso e con una tradizione così profonda, inoltre mi ha accolta a braccia aperte. Quando sono arrivata in Francia e ho cercato di integrami in un mercato differente, mi sono sentita a casa con loro e ho incontrato tantissime persone generose, ho condiviso cene con ospiti con un background personale davvero elevato, trovo che sia una grande ricchezza, oltretutto sono fiera di poter far parte di un brand che pone la donna al centro come persona indipendente e imprenditrice.

 

 

 

Qual è il tuo rapporto con la bellezza? 

– Mi infastidisce molto quando la bellezza, nel mio lavoro, passa in primo piano rispetto al talento. Io sono stata educata dalla mia famiglia ad interpetrarla in maniera diversa, la bellezza è ovunque, sta dentro l’essere umano, credo che non ci sia merito nell’essere belli, l’importante è essere qualcos’altro.

 

Se dovessi scegliere un regista con cui desideri fortemente lavorare, chi sceglieresti?

  • Mi piacerebbe lavorare con chiunque mi proponga di fare qualcosa di diverso rispetto a quello che ho fatto prima, la diversità in questo lavoro è la ricchezza più grande che abbiamo, e da questo punto di vista lo definirei il lavoro più bello del mondo grazie a questo ricambio infinito e continua rinascita. Come regista Italiano ti direi Garrone, è favoloso, poi chiaramente Sofia Coppola, per la delicatezza che ha nel trattare tematiche delicate, un altro regista con cui amerei lavorare è Xavier Dolan, i suoi film sono di una sensibilità infinita e poi, sarò di parte, Yorgos Lanthimos.

 

  • Hai un sogno internazionale, non soltanto americano.
  • Intendo l’America come un altro paese in cui lavorare. Hollywood in se mi può dare qualcosa ma non è il mio obbiettivo, io amo molto il cinema europeo e sono molto fiera di abitare e avere culture europee.
  • Che posto occupa l’amore nella tua vita?
  • Credo molto nell’amore, soprattutto negli ultimi anni, da quando si è interrotta una relazione. Credo che mi stia concentrando positivamente sui sentimenti, nonostante questo sia un periodo molto buio a livello sociopolitico e antropologico. Un giorno ho pensato a quante persone stavano soffreddo nel mondo in questo momento, e poi ho pensato che al tempo stesso in quello stesso momento c’erano altrettante persone che si stavano innamorando. Mi sono detta che forse è meglio concentrarsi su questo.